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ARTICOLI ORIGINALI   

Minerva Urologica e Nefrologica 2001 September;53(3):129-33

Copyright © 2001 EDIZIONI MINERVA MEDICA

lingua: Italiano

Mepartricina e prostatiti. Esperienza clinica e razionale d’impiego

Saita A., Morgia G., Branchina A., Giammusso B., Iurato C., Malacasa E., Motta M.

Università degli Studi - Catania Divisione Clinicizzata di Nefrologia Chirurgica-Urologia


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Obiettivo. Lo scopo di questo lavoro è quello di riportare la nostra esperienza sulla utilizzazione della mepartricina nel trattamento delle prostatiti sub-acute e croniche, analizzando inoltre sulla base dei dati della letteratura il ruolo svolto dagli estrogeni, bersaglio della mepartricina, nello sviluppo e nel mantenimento dei processi infiammatori a livello della ghiandola prostatica.
Metodi. Abbiamo valutato, in modo retrospettivo, i dati di 110 pazienti che si presentarono con sintomi delle basse vie urinarie suggestivi di prostatite. Il test di Mearers-Stamey è stato utilizzato per dimostrare l’infiammazione a livello prostatico e il germe patogeno responsabile. 65 pazienti avevano una prostatite abatterica, 45 invece una forma batterica. Terapeuticamente nelle forme batteriche abbiamo praticato un’antibioticoterapia mirata, mentre abbiamo utilizzato macrolidi o tetracicline nelle forme abatteriche positive per Chlamydia, Mycoplasmi o Ureaplasma. Tutti i pazienti hanno inoltre ricevuto una compressa di mepartricina da 40 mg per un periodo di 60 giorni.
Risultati. Dopo due mesi di terapia abbiamo ottenuto notevoli miglioramenti della sintomatologia riferita, nonostante la persistenza della positività colturale nel 68% dei pazienti. Da ciò si può evincere una forte attività di tipo antinfiammatoria svolta dalla mepartricina, nonostante la persistenza della spina irritativa infettiva.
Conclusioni. Gli estrogeni modulano le reazioni infiammatorie a livello del tessuto prostatico ed è ipotizzabile che un loro calo possa produrre benefiche azioni antiflogistiche, migliorando la funzionalità del complesso uretro-prostato-vescicale. Sebbene limitata numericamente, la nostra esperienza sembra confermare tale ipotesi, sicché riteniamo la meparticina un buon coadiuvante nelle affezioni infiammatorie della prostata sia in fase cronica che in fase di riacutizzazione, indipendentemente dalla loro eziologia.

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