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XIV CONGRESSO DELLA SOCIETA' ITALIANA DI NEFROLOGIA SEZIONE PIEMONTE-VALLE D'AOSTA
(Ivrea, 5 ottobre 1996)
Minerva Urologica e Nefrologica 1998 March;50(1):9-15
Copyright © 1998 EDIZIONI MINERVA MEDICA
lingua: Italiano
Accessi vascolari per emodialisi cronica: situazione attuale e nuovi orientamenti in Piemonte
Quarello F. 1, Forneris G. 1, Boero R. 1, Iadarola G. M. 1, Borca M. 1, Salomone M. 2
1 Azienda Regionale USL 4, Ospedale G. Bosco - Torino, Divisione di Nefrologia e Dialisi; 2 Ospedale Farinelli - Torino, Servizio Dialisi
L’invecchiamento della popolazione in dialisi e l’estensione delle indicazioni ai soggetti anziani e ad alto rischio hanno accentuato i problemi dell’accesso vascolare nell’emodialisi cronica. La situazione è particolarmente critica negli USA, dove un accesso vascolare protesico (PTFE o collagene bovino) è utilizzato in circa il 75% dei casi. Al contrario, in Piemonte, l’accesso più diffuso è la fistola arterovenosa con vasi nativi, utilizzata in quasi il 90% degli uremici cronici. Le FAV radiocefaliche rappresentano il 58% degli accessi vascolari rispetto al 25% di prossimali ed al 9% di protesi, che tendono però gradualmente ad aumentare, man mano che salgono l’età anagrafica e quella dialitica. La tabacchiera anatomica è utilizzata solo nel 3% dei casi ed è in progressiva diminuzione, mentre la superficializzazione della vena basilica (1%), ancorché molto limitata, ha dato in alcuni centri ottimi risultati di sopravvivenza e funzionalità. Ma il tipo di accesso che ha avuto negli ultimi anni una notevole diffusione è l’incannulazione della giugulare interna che, in un’esperienza limitata a 51 cateteri in 47 pazienti, è stata l’accesso definitivo in 28 di essi. È possibile ipotizzarne un impiego routinario nei casi in cui è necessario un periodo in attesa per la maturazione della fistola arterovenosa o durante una sospensione temporanea della dialisi peritoneale. Una sua utilizzazione permanente, visto il notevole impegno gestionale e l’elevato numero di rimozioni del catetere per infezioni sistemiche (9,8%) o dell’ostio cutaneo (13,7%) deve per il momento essere limitata a casi selezionati.