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TRAPIANTO DI FEGATO
Minerva Chirurgica 2003 October;58(5):675-92
Copyright © 2003 EDIZIONI MINERVA MEDICA
lingua: Inglese, Italiano
Complicanze chirurgiche dopo trapianto di fegato
Urbani L., Catalano G., Biancofiore G., Bindi L., Consani G., Bisà M., Boldrini A., Campatelli A., Signori S., Morelli L., Coletti L., Perrone V., Vignali C., Cioni R., Petruzzi P., Boraschi P., Campani D., Mosca F., Filipponi F.
Obiettivo. Negli ultimi 10 anni il numero dei trapianti di fegato in Italia è in costante aumento grazie all'utilizzo di donatori ultrasessantenni. L'impiego di organi con ridotta riserva funzionale è stato compensato dal miglioramento della terapia immunosoppressiva, delle tecniche chirurgiche e della gestione delle complicanze post-trapianto. Questo articolo descrive incidenza e trattamento delle principali complicanze chirurgiche post-trapianto.
Metodi. Presso il Centrotrapianti di Pisa sono stati eseguiti, dal gennaio 1996 al giugno 2003, 430 trapianti su 398 pazienti. Sono state eseguite 37 rilaparotomie precoci (8,6%), di cui 12 (2,8%) per ritrapianto di fegato. La sopravvivenza attuariale del paziente e del graft a 1, 3 e 5 anni è risultata pari a 79,8%, 72,2%, 67,5%, e 75,9%, 68,0%, 63,4%. La mortalità perioperatoria è risultata pari al 10,5% (nessun decesso intraoperatorio).
Risultati. L'incidenza complessiva delle complicanze biliari è risultata pari al 31,6% con un 9,1% dovuto alla rimozione del Kehr. Si sono verificate 42 (9,8%) stenosi anastomotiche, 5 (1,2%) stenosi extra-anastomotiche, 1 (0,2%) leak anastomotico, 5 (1,2%) leak extranastomotici e 19 (4,4%) ischemic type biliary lesion. L'incidenza complessiva delle complicanze vascolari è stata del 6,9%: 7 (1,6%) trombosi dell'arteria epatica, 17 (4,0%) stenosi arteriose, 1 (0,2%) pseudoaneurisma arterioso, 4 (0,9%) trombosi portali e 1 (0,2%) trombosi laminare a livello cavale. Otto (1,9%) pazienti hanno sviluppato ascite massiva e persistente e/o idrotorace post-trapianto.
Conclusioni. Con l'impiego dei donatori ultrasessantenni è possibile mantenere elevati standard di sopravvivenza del paziente e del graft non solo grazie all'ottimizzazione dei protocolli immunosoppressivi, ma anche al miglioramento della tecnica chirurgica, dell'assistenza intensivologica e della gestione delle complicanze chirurgiche.