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Minerva Chirurgica 2000 July-August;55(7-8):499-504
Copyright © 2000 EDIZIONI MINERVA MEDICA
lingua: Italiano
L’ernia inguinale recidiva (Reperti intraoperatori e cause di insuccesso)
Garavello A., Teneriello G. F., Manfroni S.
Obiettivo. L'ernia inguinale recidiva è ancora oggi una patologia di frequente osservazione nei reparti chirurgici.
Metodi. Al fine di valutare i fattori in causa nel fallimento della plastica erniaria gli Autori hanno esaminato 64 casi di ernia recidiva di cui 54 precedentemente operati mediante tecniche tradizionali della scuola chirurgica italiana (Bassini, Postempskij) e 10 con tecniche «tension free». Sono state esaminate le caratteristiche tecniche del primo intervento eseguito, il tipo, le complicanze eventualmente insorte, il tempo di comparsa della recidiva nonché i reperti osservati al reintervento.
Risultati. Nelle ernioplastiche «tradizionali» la recidiva era di tipo obliquo esterno in 31 pazienti, diretta in 23; il tempo medio di comparsa della recidiva risultava di 11 anni. Nelle recidive di ernioplastica con protesi in 4 casi è stato rilevato un cedimento della sutura protesica (Lichtenstein), in 2 casi un dislocamento del plug o della protesi, mentre in 4 casi la recidiva era avvenuta attraverso il «neoanello» inguinale protesico; il tempo medio di ricomparsa dell'ernia risultava di 2 anni. Di particolare rilievo è stato l'elevato tempo medio di recidiva delle ernioplastiche tradizionali; è evidente che ogni nuova tecnica di ernioplastica protesica dovrà poter dimostrare la propria validità per un lasso di tempo almeno pari a quello delle tecniche tradizionali. In queste ultime l'inadeguatezza della tecnica ed il fisiologico indebolimento della parete hanno costituito la causa principale dell'insuccesso; nelle tecniche «tension free» invece la recidiva è da ascrivere in prima istanza all'errore tecnico dell'operatore.
Conclusioni. Nella chirurgia dell'ernia gli interventi «tradizionali» sono stati oggi quasi completamente abbandonati in favore delle tecniche «tension free», in cui gli insuccessi sono imputabili alla fisiologica curva di apprendimento del chirurgo operatore; il posizionamento di una rete protesica non è quindi una garanzia di successo, ma necessita di precise conoscenze anatomiche e di un'adeguata preparazione dei piani muscolo fasciali.