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ARTICOLI ORIGINALI   

Minerva Pediatrica 2002 April;54(2):131-8

Copyright © 2002 EDIZIONI MINERVA MEDICA

lingua: Italiano

Atresia dell’esofago con fistola esofago-tracheale distale. Evoluzione del trattamento nel periodo 1955-2000 nell’Ospedale Pediatrico Anna Meyer di Firenze

Noccioli B., Pampaloni F., Fiorini P., Mattei R., Pancani S., Elia A., Donzelli G. P., Pampaloni A.


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Obiettivo. L'atresia dell'esofago (AE) ha rappresentato nei decenni trascorsi la malformazione che più di ogni altra ha impegnato il chirurgo-pediatra e nel trattamento della quale si sono verificati i più spettacolari progressi. Nella presente nota intendiamo riferire quella che è stata l'esperienza dell'Ospedale Pediatrico Anna Meyer di Firenze nel trattamento chirurgico della AE dal 1955 ad oggi, affinché l'analisi delle diverse scelte mediche e chirurgiche messe in atto da noi e dai nostri predecessori, possa fornire spunti di riflessione e costituire una importante fonte di insegnamento.
Metodi. Nel periodo 1955-2000, sono stati operati 223 neonati affetti da AE con fistola esofago-tracheale distale (FTE), su un totale di 250 casi di AE. La nostra esperienza è stata suddivisa in periodi omogenei per quanto attiene il tipo di trattamento medico e chirurgico adottato in quel determinato spazio temporale. Abbiamo analizzato in particolare i dati relativi al periodo 1995-2000, nel quale è stato attuato un protocollo di trattamento ben definito ed omogeneo dal punto di vista medico, chirurgico e rianimatorio.
Risultati. La mortalità è scesa dal 44,8% all'attuale 3,4% con una significativa riduzione (p<0,001) tra gli anni 1979-1983 e 1984-2000, dovuta all'introduzione di un trattamento intensivo neonatologico perioperatorio. Si è inoltre evidenziata una correlazione significativa (p<0,05) tra basso peso alla nascita e malformazioni associate, fattori di rischio che comunque non hanno condizionato negativamente i risultati del trattamento nell'ultimo periodo 1995-2000.
Conclusioni. È necessaria una completa integrazione tra il trattamento rianimatorio, chirurgico e neonatologico per garantire un risultato ottimale. Il rischio connesso ad un'AE non è tanto rappresentato dall'intervento chirurgico, quanto dalla presenza o meno di malformazioni associate ed ancor più dall'evento nascita in assenza di diagnosi prenatale. Possiamo prevedere che il punto chiave per consentire al chirurgo di ridurre ulteriormente l'incidenza della mortalità e morbilità dopo correzione dell'AE sia rappresentato dall'aumentato numero di diagnosi prenatali.

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