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Minerva Ginecologica 2008 December;60(6):543-50
Copyright © 2008 EDIZIONI MINERVA MEDICA
lingua: Italiano
L’utilizzo dei bulking agents nel trattamento dell’incontinenza urinaria
Angioli R. 1, Muzii L. 1, Zullo M. A. 1, Battista C. 1, Ruggiero A 1., Montera R. 1, Guzzo F. 1, Montone E. 1, Musella A. 2, Di Donato V. 2, Benedetti Panici P. 2
1 Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Università Campus Bio-Medico di Roma, Italia 2 Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Università di Roma “La Sapienza”, Roma, Italia
L’incontinenza urinaria si manifesta come perdita involontaria di urina. Si stima che le donne affette nel mondo siano più di 200 milioni alterando in maniera importante la qualità di vita delle pazienti stesse. Esistono diverse forme d’incontinenza urinaria, e, di conseguenza, diversi approcci terapeutici tra cui la riabilitazione del pavimento pelvico, la terapia farmacologica, l’approccio chirurgico invasivo e mini-invasivo. Le iniezioni periuretrali rappresentano l’approccio mini-invasivo più utilizzato. I nuovi materiali utilizzati sono raramente associati a complicanze gravi; la complicanza che si riscontra più frequentemente è il dolore durante l’iniezione ed una ritenzione urinaria transitoria. Esistono diversi materiali che sono stati utilizzati nell’arco del tempo, tra cui collagene bovino coniugato alla glutaraldeide, teflon, durasphere, micropalloncini di silicone, destranomero/acido ialuronico, idrossiapatite di calcio, alcol vinilico di etilene, idrogel e silicone macromolecolare. La percentuale di successo dopo iniezioni periuretrali oscilla tra il 40% ed il 90%. In base alla nostra esperienza ed ai risultati della revisione della letteratura possiamo affermare che l’iniezione con silicone macromolecolare è più efficace e più sicura rispetto agli altri agenti iniettabili. L’intervento evidenzia buone percentuali di successo in pazienti attentamente selezionati. Secondo l’esperienza degli autori, inoltre, il macroplastique può essere utilizzato anche in casi particolari come pazienti oncologiche ma anche donne anziane, pazienti con rischio operatorio alto, coloro che rifiutano l’intervento chirurgico a cielo aperto, quelle già precedentemente sottoposte ad interventi chirurgici sulla pelvi o a radioterapia con buoni risultati soggettivi ed oggettivi.