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  SVILUPPI NEL PACING CLINICO 2011 

Minerva Medica 2011 June;102(3):239-47

Copyright © 2011 EDIZIONI MINERVA MEDICA

lingua: Inglese

Sport e aritmia

Giada F. 1, Conte R. 2, Pescatore V. 1, Brugin E. 1

1 Operative Unit of Sports Medicine, PF Calvi Hospital, Noale, Venice, Italy; 2 Medicina dello Sport Asl 12 Veneziana, Mestre, Venice, Italy


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I disordini del ritmo rappresentano la principale difficoltà per il cardiologo e il medico dello sport nel concedere agli atleti il certificato di idoneità. Le aritmie che si riscontrano nell’atleta possono distinguersi in due tipi. Le più comuni sono in genere espressione delle modificazioni morfofunzionali del cuore d’atleta e sono rappresentate da alcune forme di bradiaritmie e tachiaritmie non complesse. Per contro è possibile riscontrare meno frequentemente aritmie più complesse che possono essere epifenomeno di cardiomiopatie in grado di provocare la morte improvvisa durante l’attività sportiva. A partire da un dettagliata raccolta di dati anamnestici, da un attento esame obiettivo e in particolare dall’esecuzione dell’elettrocardiogramma a 12 derivazioni è già possibile orientarsi sul rischio aritmico nella popolazione sportiva. Dopo un’analisi sui principali tipi di aritmie riscontrabili nell’atleta e sulle principali metodiche diagnostiche, questo studio si sofferma sulle forme di influenza reciproca tra aritmie, cardiopatie aritmogene e l’attività sportiva. Sicuramente l’aumentato tono adrenergico e le modificazioni anatomofunzionali correlate allo sport favoriscono lo sviluppo di rischio aritmico e di morte improvvisa in cardiomiopatie strutturali. Invece non è ancora risolto il dubbio se l’attività sportiva è in grado di incrementare l’incidenza di aritmie ventricolari in un cuore normale. Il rischio aritmico è variabile a seconda se lo sport è praticato a livello intenso o meno. Importante è anche valutare eventuali sincopi in ambienti a pericolosi. Le aritmie a rischio prevedono l’esclusione dell’atleta dalla pratica della attività sportiva. In alcuni casi si può considerare un trattamento farmacologico, ablativo e in rari e selezionati casi l’impianto di un pacemaker o di un defibrillatore impiantabile.

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