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ENDOCRINOLOGIA E SENESCENZA
Minerva Endocrinologica 2011 September;36(3):257-66
Copyright © 2011 EDIZIONI MINERVA MEDICA
lingua: Inglese
Vitamina D, luce solare e longevità
Pérez-López F. R. 1, Fernández-Alonso A. M. 2, Mannella P. 3, Chedraui P. 4 ✉
1 Department of Obstetrics and Gynecology, Faculty of Medicine, University of Zaragoza, Zaragoza, Spain; 2 Department of Obstetrics and Gynecology, Torrecárdenas Hospital, Almería, Spain; 3 Department of Reproductive Medicine and Child Development, Obstetrics and Gynecology Division, University of Pisa, Pisa, Italy; 4 Institute of Biomedicine, Faculty of Medicine, Guayaquil Catholic University, Guayaquil, Ecuador
Gli esseri umani assumono vitamina D attraverso la fotosintesi cutanea e l’apporto dietetico. Sono necessarie due idrossilazioni per ottenere il composto bioattivo: la prima produce 25 idrossivitamina D [25(OH)D], e la seconda 1,25 didrossivitamina D [1,25(OH)2D]. Non vi è accordo sull’appropriato livello di cut-off per definire il normale intervallo sierico di 25(OH)D. Studi sperimentali, epidemiologici e clinici hanno correlato un basso livello di vitamina D alla longevità. Sebbene alcuni risultati siano controversi, bassi livelli sierici di 25(OH)D sono stati correlati a mortalità dovuta a patologie tumorali, cardiovascolari, infettive o a cause generali. Nel corso della vita, una percentuale significativa di esseri umani mostra livelli sierici insufficienti (20-30 ng/ml) o carenti (<20 ng/ml) di 25(OH)D. Cambiamenti appropriati dello stile di vita, come un’esposizione breve e regolare alla luce solare (15 minuti al giorno) e una dieta adeguata che contempli alimenti ricchi di vitamina D, non sono sempre facili di attuare. Gli studi sull’integrazione con vitamina D presentano limiti metodologici oppure si basano su dosi relativamente basse. Per tale motivo, i dosaggi usati per l’integrazione con vitamina D dovrebbero essere più elevati rispetto a quelli comunemente consigliati. In tal senso, c’è un urgente bisogno di studi prospettici controllati che utilizzino elevati dosi giornaliere di vitamina D (2.000 IU o più) e che includano endpoint relativi a patologie cardiovascolari, infettive o tumorali. La correlazione tra vitamina D ed esiti clinici non è lineare e vi sono probabilmente vari livelli ottimali di vitamina D in grado di influenzare endpoint diversi.