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REVIEW GENDER AND ENDOCRINE SYSTEM
Minerva Endocrinologica 2007 March;32(1):23-34
Copyright © 2007 EDIZIONI MINERVA MEDICA
lingua: Inglese
Differenza tra i sessi. Conservazione della fertilità nei giovani soggetti di sesso femminile ma non in quelli di sesso maschile esposti a chemioterapia gonadotossica
Blumenfeld Z.
Reproductive Endocrinology Department of Obstetrics and Gynecology Rambam Medical Centre Technion - Faculty of Medicine, Haifa, Israel
La diminuita secrezione di gonadotropine ipofisarie, con diminuzione della funzione gonadica, può probabilmente proteggere nei confronti degli effetti sterilizzanti della chemioterapia. Sebbene sia stato proposto che le cellule germinali primitive reagiscano meglio rispetto a quelle che sono parte di un ciclo cellulare attivo, quest’ipotesi sino a poco tempo fa non era stata seriamente testata da un punto di vista clinico. Sino ad ora il solo studio prospettico randomizzato eseguito ha evidenziato che l’analogo dell’ormone rilasciante le gonadotropine (gonadotropin releasing hormone agonistic analogue, GnRH-a) ha protetto le ovaie nei confronti del danno ciclofosfamide-indotto nelle scimmie Rhesus, diminuendo significativamente il numero di follicoli persi durante l’insulto chemioterapico. Dopo aver fatto firmare un consenso informato, abbiamo somministrato per via intramuscolare con cadenza mensile la formulazione a lento rilascio di GnRH-a a oltre 125 giovani soggetti di sesso femminile esposti a chemioterapia gonadotossica quale trattamento per tumori maligni o per patologie non maligne, iniziando prima dell’inizio della chemioterapia e continuando le iniezioni sino a 6 mesi, in parallelo e sino alla fine del trattamento chemioterapico. Meno del 7% dei soggetti ha sviluppato un’amenorrea irreversibile ipergonadotropa. Le restanti pazienti (>93%) hanno ripreso la funzionalità ovarica ciclica e 32 di loro hanno concepito spontaneamente 46 volte. Queste pazienti sono state confrontate con un gruppo di controllo costituito da oltre 125 pazienti simili per età (15-40), che erano state trattate inizialmente con chemioterapia ma senza l’adiuvante GnRH-a. Tra i 2 gruppi non vi erano differenze né per quanto riguarda l’età, né per le diagnosi, né per il rapporto tra linfoma di Hodgkin e linfoma non-Hodgkin. Nei 2 gruppi le dosi relative all’esposizione radioterapica e il rapporto tra il numero di pazienti trattate con radioterapia associata a chemioterapia erano simili. Le dosi cumulative di ogni agente chemioterapico e la media o la mediana dell’esposizione radioterapica non erano diverse tra i gruppi. I nostri risultati, analogamente a quelli ottenuti da altri Autori, supportano l’efficacia della somministrazione di GnRH-a anche a pazienti che si sottopongono a cicli con ciclofosfamide per il trattamento del lupus eritematoso sistemico o di altre patologie autoimmunitarie. Vengono discusse le possibili spiegazioni circa l’effetto benefico del GnRH-a che si esplica nella minimizzazione dell’effetto gonadotossico della chemioterapia. Siamo in attesa di studi multicentrici, prospettici e randomizzati che valutino l’effetto in vivo del GnRH-a e che confermino in modo inequivocabile il suo ruolo nel minimizzare l’apoptosi follicolare.