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  STENTS FOR CORONARY HEART DISEASE 

Minerva Cardioangiologica 2011 February;59(1):75-87

Copyright © 2011 EDIZIONI MINERVA MEDICA

lingua: Inglese

Shock cardiogeno: ruolo della rivascolarizzazione

Vis M. M., Piek J. J., Henriques J. P. S.

Department of Cardiology, Academic Medical Center, Amsterdam, the Netherlands


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La più comune causa di shock cardiogeno è rappresentata dall’ischemia miocardica, che si sviluppa precocemente o tardivamente in corso di infarto acuto del miocardio. L’incidenza della shock cardiogeno (cardiogenic shock, CS) è attorno al 7% nei pazienti affetti da infarto del miocardio con allungamento del segmento ST (St-segment elevation myocardial infarction, STEMI) e si è mantenuta costante nel corso degli ultimi 20 anni. La terapia dovrebbe essere guidata dall’aumentata consapevolezza del paziente precocemente e dalla diagnosi e trattamento preospedaliero, con un trasferimento immediato a un laboratorio di catatarizzazione. La rivascolarizzazione precoce rappresenta il trattamento principale dell’infarto acuto del miocardio complicato da shock cardiogeno. In accordo con le linee guida, la rivascolarizzazione risulta efficace fino a 36 ore dopo l’insorgenza di CS e viene effettuata entro le 18 ore successive alla diagnosi di CS. L’intervento coronarico percutaneo primario (percutaneous coronary intervention, PCI) rappresenta la terapia più efficiente e facilmente reperibile per ripristinare il flusso coronario nelle arterie interessate dall’infarto. Benché raccomandato, esistono ridotte evidenze che il PCI multivasale immediato possa essere benefico per il CS. Il crescente numero di casi riportati suggerisce che le procedure allestite per PCI o CABG sono preferibili nei pazienti con CS con patologia LM significativa e con una patologia che coinvolge tre vasi. L’utilizzo del supporto emodinamico con i nuovi strumenti percutanei di scarico ventricolare sinistro potrebbe annunciare una nuova era che permetterà la conservazione di un’adeguata per fusione agli altri organi vitali, quali il cervello, i reni e l’intestino. Nonostante tutti i possibili sforzi, la mortalità intraospedaliera a causa di CS rimane attorno al 50%. Tuttavia, la sopravvivenza a lungo termine e la qualità della vita nei pazienti che sopravvivono al periodo di ospedalizzazione risultano simili a quelle dei pazienti con infarto del miocardio in presenza di allungamento del segmento ST che si presentano senza CS.

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