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ARTICOLI ORIGINALI   

Minerva Cardioangiologica 2011 February;59(1):1-7

Copyright © 2011 EDIZIONI MINERVA MEDICA

lingua: Inglese

La rivascolarizzazione coronarica percutanea con impianto di stent medicati nei pazienti diabetici: risultati a breve e lungo termine di uno studio osservazionale

Longo G., Gonella A., D’Ascenzo F., Quadri G., Bollati M., Biondi-Zoccai G., Moretti C., Omedè P., Sciuto F., Gaita F., Sheiban I.

Division of Cardiology, University of Turin, Turin, Italy


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Obiettivo. L’introduzione degli stent medicati (DES) ha decisamente migliorato i risultati a medio termine degli interventi coronarici percutanei (PCI) nei pazienti diabetici. Tuttavia, non è ancora chiaro se i benefici dei DES vengano mantenuti anche a lungo termine e nei pazienti con diabete insulino-dipendente. Siamo pertanto andati a valutare gli outcome clinici a lungo termine dei pazienti diabetici trattati con PCI e impianto di DES, stratificandoli secondo la terapia insulinica effettuata.
Metodi. Abbiamo raccolto le caratteristiche cliniche, i dati procedurali e gli outcome di tutti i pazienti sottoposti a PCI con impianto di DES da luglio 2002 a giugno 2004 presso il nostro centro. Li abbiamo quindi classificati in tre gruppi: i pazienti con diabete insulino-dipendente, i pazienti con diabete non insulino-dipendente ed i pazienti non diabetici. L’end-point primario dello studio era la frequenza a lungo termine di eventi cardiaci avversi maggiori (MACE, ovvero il composito di morte, infarto miocardico non fatale e rivascolarizzazione del vaso target). Abbiamo inoltre considerato le stent trombosi secondo la definizione dell’ Academic Research Consortium.
Risultati. Sono stati inclusi 1266 pazienti dei quali il 3% con diabete insulino-dipendente, il 22% con diabete non insulino-dipendente e il 75% senza diabete. Sono risultate significative le differenze riguardo la prevalenza di sesso maschile (rispettivamente 32,4%, 74,6% e 81%, P<0,001) e l’utilizzo dei DES nei tre gruppi (54,1%, 34% e 30,4%, P=0,007). A 30 giorni i MACE si sono verificati con frequenza sovrapponibile nei tre gruppi (8,1%, 7,3% e 6,3%, P=0,78), con morte nel 3%, 2% e 1,4% (P=0,71), e infarto del miocardio nel 5,4%, 1,8% e 0,8% (P=0,02). Dopo un follow up medio di 58 mesi i MACE si sono verificati nel 59.5% dei pazienti diabetici insulino-dipendenti, nel 50,6% dei non insulino-dipendenti e nel 38.9% dei non diabetici (P<0,001). La frequenza di morte era del 24,3%, 17,5% e 8,5%, (P<0,001), di infarto del miocardio del 10,8%, 6,6% e 5,1% (P=0,25) e di nuova procedura di rivascolarizzazione del 46%, 31,6% e 30% (P=0,11). La stent trombosi definita si è presentata rispettivamente nello 0%, 1,1% e 1,3% (P=0,78).
Conclusioni. Il nostro studio conferma l’elevato profilo di rischio cardiovascolare dei pazienti diabetici, specialmente laddove si sia già verificato un evento ischemico. In tale contesto sono il diabete e le sue comorbidità a stabilire il rischio, non soltanto in termini di necessità di un ulteriore procedura di rivascolarizzazione, quanto principalmente in riduzione della sopravvivenza. Pertanto gioca un ruolo decisivo nella riduzione di eventi al follow up non solo la strategia di rivascolarizzazione, quanto specialmente il trattamento delle comorbidità. Ulteriori ricerche in merito a trattamenti farmacologici aggiuntivi o a strategie ibride di rivascolarizzazione potrebbero attenuare l’impatto che morbilità e mortalità hanno su tali pazienti.

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