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CARDIOLOGIA INTERVENTISTICA
Minerva Cardioangiologica 2003 October;51(5):433-46
Copyright © 2003 EDIZIONI MINERVA MEDICA
lingua: Inglese
The management of unstable angina and non-ST-segment elevation myocardial infartion
Chen A. A., Sabatine M. S.
I pazienti affetti da angina instabile/infarto del miocardio senza sovaslivellamento del tratto ST presentano un decorso clinico assai variabile. Un trattamento di tipo ottimale riveste un'importanza fondamentale a causa dell'alto rischio di decesso o di infarto del miocardio nel corso dei successivi 30 giorni. Nel presente articolo, viene presentata una review delle opzioni terapeutiche disponibili ai medici clinici. La terapia anti-ischemica a base di b-bloccanti e nitrati dovrebbe essere presa in considerazione in tutti i pazienti che non presentano controindicazioni. L'aspirina, che rappresenta tuttora una pietra miliare nell'ambito della terapia antiaggregante, ha dimostrato di ridurre in misura significativa il rischio di decesso o di infarto del miocardio. Seppur in presenza di dati meno definitivi, anche l'eparina non frazionata sembra essere efficace, e l'eparina a basso peso molecolare enoxaparina sembra essere più efficace dell'eparina non frazionata. Gli inibitori della glicoproteina IIb/IIIa, che si sono rivelati essere molto utili nel contesto dell'intervento coronario per via percutanea, dovrebbero essere presi in considerazione per i pazienti con ischemia in corso o con altre condizioni ad alto rischio. Il clopidogrel, che agisce mediante il blocco del recettore per l'ADP, si è rivelato essere efficace nei pazienti che vengono trattati in modo conservativo e nei pazienti sottoposti a intervento coronario per via percutanea. Infine, una strategia che contempli l'uso precoce dell'angiografia dovrebbe essere presa in considerazione nei pazienti che presentano ischemie ricorrenti oppure nei pazienti con parametri ad alto rischio, come i livelli elevati di troponina o la deviazione del tratto ST. Pertanto, una precoce valutazione del rischio, effettuata sulla base delle caratteristiche cliniche dei pazienti, dei dati elettrocardiografici, e dei marker bioumorali, consente di identificare i sottogruppi di pazienti che non solo presentano un alto rischio, ma si trovano anche nella condizione di trarre il massimo giovamento da queste terapie di tipo aggressivo: in questo modo il medico clinico è in grado di procedere alla somministrazione personalizzata del trattamento nel modo più efficace.