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EDITORIALE   

Minerva Cardioangiologica 2001 February;49(1):1-4

Copyright © 2001 EDIZIONI MINERVA MEDICA

lingua: Italiano

Fibrillazione atriale e profilassi tromboembolica (Stato dell’arte)

Matteoli S., Trappolini M., Chillotti F. M.


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La fibrillazione Atriale (FA) si associa ad un elevato rischio embolico e l'ictus rappresenta la più frequente e drammatica manifestazione dell'embolia correlata alla FA.
I pazienti con FA presentano, in assenza di trattamento anticoagulante, un rischio di stroke ischemico circa 6 volte superiore ai soggetti di controllo in ritmo sinusale; il rischio non è peraltro uniforme e sottogruppi di pazienti a maggior o minore rischio possono essere agevolmente identificati in rapporto alle patologie associate e a variabili di ordine clinico e strumentale.
Stroke/TIA pregressi, ipertensione arteriosa, età, insufficienza cardiaca e diabete sono stati individuati, all'analisi multivaria dei dati desunti dai trials clinici controllati sull'impiego della terapia anticoagulante, come fattori di rischio indipendenti di stroke; il grado di disfunzione ventricolare sinistra all'ecocardiogramma è correlato al rischio embolico.
Numerosi trials hanno dimostrato l'efficacia della terapia anticoagulante, capace di ridurre il rischio di stroke e di altri eventi embolici in media di circa 2/3. Piu' modesto e discusso è il beneficio dell'aspirina, il cui impiego ha consentito complessivamente nei tre studi controllati con placebo di ridurre il rischio tromboembolico del 21%.
Un'adeguata stratificazione del rischio embolico rappresenta quindi un momento cruciale per programmare un adeguato intervento antitrombotico preventivo, nel rispetto di un favorevole bilancio rischio/beneficio connesso al trattamento.
La terapia con dicumarolici trova indicazione nei pazienti a maggior rischio con storia di TIA o stroke e/o di piu' fattori di rischio embolico, a dosaggi che consentono di mantenere l'INR tra 2 e 3, target 2,5; valori più vicini a 2 sono da preferire nei soggetti più anziani e a maggior rischio emorragico.
Non trova invece giustificazione l'impiego di warfarin a basso dosaggio (INR &Mac178;1,5) associata ad aspirina, non essendo in grado di ridurre né il rischio di stroke, né le complicanze emorragiche.
L'uso dell'aspirina va considerata un'opzione accettabile nei pazienti a basso rischio e rappresenta un'alternativa valida, anche se meno efficace, nei casi in cui non è praticabile la terapia anticoagulante.

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