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RASSEGNA
La Rivista Italiana della Medicina di Laboratorio 2019 Dicembre;15(4):263-76
DOI: 10.23736/S1825-859X.19.00041-0
Copyright © 2019 EDIZIONI MINERVA MEDICA
lingua: Italiano
Biomarcatori nell’AKI (acute kidney injury). Seconda parte: biomarcatori tradizionali, nuovi e potenziali di AKI
Maria GOLATO 1 ✉, Sabino MATERA 1, Gianna IMPICCIATORE 2
1 Patologia Clinica, Ospedale Clinicizzato S.S. Annunziata, Chieti, Italia; 2 Ginecologia e Ostetricia, P.O. S. Timoteo ASREM, Termoli, Campobasso, Italia
Nella prima parte di questa rassegna sul tema dell’AKI (acute kidney injury), si è evidenziato come essa sia una sindrome complessa a eziologia multifattoriale, gravata da un elevato tasso di mortalità e morbidità se non diagnosticata precocemente e che richiede, pertanto, biomarcatori che consentano una diagnosi precoce, al fine di evitare l’insorgere di complicanze a breve e a lungo termine. Nella pratica clinica odierna, disponiamo di un cospicuo numero di biomarcatori e numerosi sono gli studi presenti in letteratura che hanno valutato la loro specificità e sensibilità per il danno renale con risultati controversi. Il target auspicato di identificare una “troponina renale”, tuttavia, non è ancora stato raggiunto. In questa seconda parte della presente revisione di letteratura, si è cercato di sintetizzare come il laboratorio sia utile nella diagnosi di AKI, passando in rassegna i diversi marcatori sia classici (creatinina sierica, diuresi, tasso di filtrazione glomerulare), sia di recente introduzione (NGAL, interleuchina 18, KIM 1, cistatina C, NAG, L-FABP, TIMP 2 e IGFB-7), sia potenziali (calprotectina, angiotensinogeno, micro-RNA, netrina-1). Per ciascuno di essi si sono evidenziati i limiti, i valori di sensibilità e specificità ed il loro possibile impiego nella clinica, target ambito ma non raggiunto, secondo proposte ed algoritmi di letteratura.
KEY WORDS: Biomarcatori; Danno renale acuto; Patologie renali