Home > Riviste > European Journal of Physical and Rehabilitation Medicine > Fascicoli precedenti > Europa Medicophysica 2001 September;37(3) > Europa Medicophysica 2001 September;37(3):143-51

ULTIMO FASCICOLO
 

JOURNAL TOOLS

Opzioni di pubblicazione
eTOC
Per abbonarsi
Sottometti un articolo
Segnala alla tua biblioteca
 

ARTICLE TOOLS

Estratti
Permessi
Share

 

ORIGINAL ARTICLES   Free accessfree

Europa Medicophysica 2001 September;37(3):143-51

Copyright © 2001 EDIZIONI MINERVA MEDICA

lingua: Inglese

Pusher syndrome in stroke: clinical, neuropsychological and neurophysiological investigation

Premoselli S., Cesana L., Cerri C.

From the U. O. Neuroriabilitazione, Azienda Ospedaliera di Vimercate, Presidio di Seregno, Università degli Studi Milano-Bicocca, Milano *Servizio di Recupero e Rieducazione Funzionale, RSA, G. Verdi, Milano


PDF


Obiettivo. Scopo dello studio è quello di indagare il comportamento motorio spesso riscontrabile in taluni pazienti colpiti da ictus caratterizzato dallo spingere, a volte in modo considerevole, verso il lato plegico opponendosi ai tentativi effettuati dall’esaminatore volti a ripristinare la simmetria posturale. In particolar modo lo studio si prefigge di evidenziare quali siano le caratteristiche cliniche, neuropsicologiche e neurofisiologiche che si accompagnano in maniera relativamente stabile al sintomo spinta.
Metodi. Lo studio è stato condotto presso l’Unità Operativa di Neuroriabilitazione di Seregno — Azienda Ospedale Vimercate (Milano), in un periodo complessivo di 14 mesi, reclutando 21 soggetti emiparetici (13 maschi e 8 femmine) che evidenziavano ad un esame clinico comportamento da spinta e 12 soggetti emiparetici che non lo presentavano (7 maschi e 5 femmine). La gravità del comportamento da spinta è stata valutata su una scala a 3 punti. Tutti i soggetti con e senza comportamento da spinta, sono stati sottoposti a valutazione clinica, esame neuroradiologico (TAC encefalo) e neurofisiologico, con la registrazione di PESS (potenziali evocati somatosensoriali) e velocità di conduzione sensitive degli arti inferiori. Sedici pazienti con comportamento da spinta sono stati inoltre valutati dal punto di vista neuropsicologico tramite somministrazione dell’MMSE (MiniMental State Examination), test per l’eminattenzione spaziale (Albert, Hallighan, Gauthier), test per l’eminattenzione personale ed extrapersonale (Zoccolotti), test di disegno spontaneo per neglect rappresentazionale, somministrazione randomizzata di stimoli per la valutazione dell’estinzione tattile, uditiva e visiva, prove cliniche per acinesia emispaziale (neglect direzionale) e impersistenza motoria.
Risultati. L’indagine dei siti di lesione ha evidenziato un’elevata percentuale di lesioni multifocali e sottocorticali ed una prevalenza di lesioni fronto-temporali. I pazienti con comportamento da spinta presentavano inoltre un’alta percentuale di ipotonia (66,6%), e nella maggioranza di loro era evidenziabile un deficit della sensibilità tattile superificale (70%) e della statokinestesica (85%) all’emisoma colpito. L’analisi di correlazione per ranghi di Spearman effettuata tra gravità della sindrome da spinta e i parametri clinici, neuropsicologici e neurofisiologici esaminati, ha evidenziato una correlazione significativa tra il comportamento da spinta e l’estinzione uditiva e visiva, con l’impersistenza motoria e con il neglect personale. In nessun paziente sono stati riscontrati valori patologici nelle ampiezze e latenze del potenziale sensitivo del nervo surale, è quindi stato escluso un possibile coinvolgimento del sistema nervoso periferico. Il confronto tra le latenze dei potenziali evocati somatosensoriali (SSEP) del lato sano, registrati nei pazienti con e senza comportamento da spinta, e i dati normativi della letteratura hanno rivelato la presenza di 17 pazienti con latenze aumentate, nel gruppo con comportamento da spinta, e 6 pazienti nell’altro gruppo. Un’analisi statistica di questi dati con il test del χ2 non ha mostrato una differenza di frequenze statisticamente significativa tra i due gruppi. In ogni caso, la differenza delle latenze dei SSEP tra il lato sano e quello paretico è risultata statisticamente significativa al “t”-test di Student nei pazienti senza comportamento da spinta, dato che invece non si è riscontrato nei pazienti con comportamento da spinta. Le ampiezze dei potenziali evocati somatosensoriali (SSEP) risultavano invece significativamente ridotte dal lato paretico rispetto al lato sano, in entrambi i gruppi di pazienti considerati.
Discussione. Nella popolazione di pazienti affetti da postumi di ictus cerebrovascolare che noi abbiamo considerato, l’incidenza del comportamento da spinta è in linea con i dati riportati dalla Letteratura (10%) così come la presenza di lesioni multifocali e sottocorticali. I dati indicano l’esistenza di una correlazione tra neglect personale, impersistenza motoria, estinzione uditiva e visiva e gravità del comportamento da spinta. In particolar modo la mancanza di correlazione con disordini dell’esplorazione spaziale extrapersonale, peripersonale, rappresentazionale ed acinesia motoria sembrano sostenere l’ipotesi che i pazienti con comportamento da spinta rivelino difficoltà a percepire, elaborare e indirizzare l’attenzione nello spazio di riferimento interno al corpo. Le alterazioni sensoriali indagate clinicamente nei pazienti con comportamento da spinta sembrano sovrapponibili alla percentuale presente negli altri soggetti emiparetici, inoltre la mancata correlazione tra la severità di tale comportamento posturale e i deficit sensitivi e la presenza di correlazione tra la FIM e quest’ultimi fa ritenere che la compromissione delle sensibilità non influenzi la gravità del comportamento da spinta. Così pure l’alterazione della trasmissione centrale dello stimolo sensitivo proveniente dagli arti inferiori, indagata neurofisiologicamente non sembra correlare con la gravità della sindrome da spinta, sebbene un aumento delle latenze dell’emilato sano, sebbene il confronto delle latenze dei PESS dei due emilati considerati, all’interno dei singoli gruppi (con e senza comportamento da spinta) segnala che nel primo gruppo non esiste una differenza statisticamente significativa delle latenze tra i due emilati a causa di un allungamento delle latenze dei PESS dal lato sano. Il dato di una ridotta trasmissione delle afferenze sensitive potrebbe costituire un elemento di ulteriore difficoltà nel percorso riabilitativo.
Conclusioni. I risultati suggeriscono l’ipotesi che la presenza di elementi correlati ad un deficit della rappresentazione corporea, come già rilevato da altri Autori, e ad un deficit dell’attenzione sostenuta motoria (impersistenza sulla linea mediana) oltre a difficoltà residue di tipo emiinattentivo (estinzione visiva ed uditiva) giochino un ruolo importante nel determinare la severità del comportamento da spinta nell’emiplegico. In particolare l’impersistenza potrebbe interferire con una riorganizzazione della verticale soggettiva da parte del paziente, e quindi dal punto di vista terapeutico appare importante elicitare contrazioni sostenute dell’emilato plegico e considerare le difficoltà residue dell’emilato sano legate ad un incremento delle latenze dei potenziali somatosensoriali.

inizio pagina