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CASI CLINICI   

Esperienze Dermatologiche 2010 September;12(3):167-72

Copyright © 2010 EDIZIONI MINERVA MEDICA

lingua: Inglese, Italiano

Utilizzo “off label” dell’efalizumab come trattamento alternativo per la psoriasi grave recalcitrante infantile

Brunasso A. 1, Lo Scocco G. 2, Gulia A. 3, Curcic P. 4, Massone C. 4

1 Clinica Dermatologica, Università di Medicina di Graz, Graz, Austria 2 Dipartimento di Dermatologia, Ospedale di Prato, Prato, Italia 3 Clinica Dermatologica, Università de L’Aquila, L’Aquila, Italia 4 Clinica Dermatologica, Università di Medicina di Graz, Graz, Austria


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Viene riportato il caso di una ragazza di 13 anni affetta fin dall’età di due mesi da una forma grave di psoriasi a placche. Le terapie topiche e sistemiche non erano sufficienti per controllare la patologia. Dopo due cicli inefficaci di trattamento con infliximab, la gravità della patologia (PASI 42,2) ha spinto gli autori ad iniziare un ciclo di trattamento “off label” con efalizumab 1 mg/kg/settimana. Alla 12° settimana è stato osservato un miglioramento del 70% del PASI, e la risposta clinica si è mantenuta a livelli eccellenti fino alla 26° settimana, quando l’efalizumab è stato sospeso secondo le raccomandazioni dell’EMEA. Non sono stati osservati eventi infettivi, ematologici e neurologici ed il titolo di anticorpi anti-nucleo (ANA) si è mantenuto negativo. È stato reintrodotto il trattamento con ciclosporina ad un dosaggio di 5 mg/kg/die, al fine di evitare fenomeni di recrudescenza associati all’efalizumab, ma dopo tre settimane dalla dimissione la paziente è stata nuovamente ricoverata in ospedale a causa di un grave peggioramento della psoriasi (125% di peggioramento rispetto ai valori basali di PASI) associato a febbre, malessere ed edema degli arti inferiori. Anche dopo il ritiro dal commercio dell’efalizumab, è possibile pensare che il presente lavoro possa in qualche modo rappresentare un esempio di possibile utilità di molecole ad azione inibitoria specifica, come per esempio anti-CD11, nella psoriasi anche in pazienti pediatrici. Il presente lavoro, insieme ad altre osservazioni, può motivare e sostenere la ricerca di nuove molecole anti-CD11 che mostrino un’efficacia ed un profilo di sicurezza migliori dell’efalizumab.

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