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Chirurgia 2003 August;16(4):143-6
Copyright © 2003 EDIZIONI MINERVA MEDICA
lingua: Italiano
Craniosinostosi sagittale: una nuova metodica per ridurre l’invasività della procedura chirurgica
Di Rocco C., Tamburrini G., Massimi L., Caldarelli M.
Obiettivo. Varie tecniche sono state proposte per la correzione chirurgica delle craniosinostosi sagittali. In tutti i casi vi è comunque un rischio elevato di anemizzazione, con conseguente necessità di emotrasfusione; inoltre la maggior parte di queste tecniche prevede l'esposizione estesa della volta cranica e problematiche connesse nell'immediato periodo postoperatorio alla corretta guarigione della ferita, e a distanza di tempo alla eccessiva visibilità della cicatrice chirurgica. Allo scopo di ridurre l'impatto di questi fattori sul decorso clinico dei piccoli pazienti affetti da craniostenosi sagittale proponiamo una modificazione delle metodiche tradizionali che prevede l'utilizzo di sei piccole incisioni lineari al posto delle tradizionali incisioni cutanee a S italica o biparietali.
Metodi. Dal mese di gennaio 1980 al mese di dicembre 2002, 388 pazienti sono stati sottoposti a correzione chirurgica di un quadro di craniosinostosi sagittale presso l'Unità Operativa di Neurochirurgia Infantile dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. In 378 pazienti è stata utilizzata una incisione bicoronarica; 10 bambini (M/F=8/2; età media 7,5 mesi), trattati nel periodo compreso fra il mese di ottobre 2001 e il mese di dicembre 2002, sono stati operati praticando sei piccole incisioni lineari (3-4 cm); di queste, due incisioni sono state praticate in corrispondenza della sutura coronarica, al di sotto del muscolo temporale; due sono state effettuate parallelamente a quelle anteriori a livello della sutura lambdoidea e le ultime due sono state effettuate sulla linea mediana, la prima a cavallo della fontanella anteriore e la seconda in corrispondenza del terzo posteriore della sutura sagittale.
Risultati. Per quanto il numero di pazienti trattati secondo questa nuova metodica sia esiguo i dati ottenuti indicano che, in tutti i casi, è stato possibile ottenere una correzione della sinostosi adeguata e sovrapponibile alle metodiche tradizionali; la procedura, inoltre ha consentito un controllo più stabile delle condizioni emodinamiche dei bambini sia durante l'intervento che durante il decorso postoperatorio, con necessità di emotrasfusione intraoperatoria, per anemizzazione non controllabile con metodiche infusionali sostitutive (Hb< 6,0 g/dl), in soli due casi (20%). Solo in un paziente si è resa necessaria una emotrasfusione postoperatoria per una analoga riduzione dei valori di Hb. Il decorso postoperatorio si è rivelato più rapido (tempo di degenza medio: 4,9 giorni) rispetto ai pazienti trattati con metodica tradizionale (tempo di degenza medio: 7,9 giorni). In nessun caso abbiamo osservato complicanze legate alle ferite chirurgiche; raccolte ematiche subgaleali, estese alla regione periorbitaria, che rappresentavano una costante nei pazienti trattati con incisione bicoronarica e richiedevano tempi prolungati di risoluzione (7-10 giorni), si sono verificate in soli 2 dei 10 pazienti trattati seguendo questa nuova metodica (20%) e si sono risolte nelle prime 72 ore in tutti i casi.
Conclusioni. In conclusione questa metodica sembra essere una valida alternativa agli interventi tradizionali, da considerarsi soprattutto in bambini operati nei primi mesi di vita, più sensibili a rapide modificazioni delle condizioni emodinamiche; è comunque da valutare in tutti i casi, per la rapidità del decorso clinico postoperatorio; l'impatto ridotto delle incisioni chirurgiche ha consentito infatti di ridurre significativamente le complicanze locali della procedura.