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ARTICOLI ORIGINALI   

Chirurgia del Piede 2009 August;33(2):85-90

Copyright © 2009 EDIZIONI MINERVA MEDICA

lingua: Italiano

Hallux rigidus III grado: artrodesi o artroplastica biologica? Revisione casistica e considerazioni personali

Morino L. 1, 2, Cerlon R. 1, 2, Errichiello C. 3, Versiglia F. 4, Rosso F. 4, Belsanti S. V. 4, Crova M. 2, 4

1 AO CTO/M Adelaide, Torino, Italia 2 Dipartimento di Ortopedia Traumatologia e Medicina del Lavoro, Torino, Italia 3 Clinica Fornaca di Sessant, Torino, Italia 4 Università degli Studi di Torino, Italia


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Obiettivo. Lo studio si propone di confrontare due gruppi di pazienti per evidenziare quale metodica comporti i migliori risultati intesi come riduzione del dolore, miglioramento della “funzione deambulatoria” e stabilità nel tempo dell’obiettivo ottenuto.
Metodi. Dal 1994 al 2005 sono stati operati, presso la Chirurgia del Piede del CTO di Torino, 77 pazienti con hallux rigidus III grado (totale 82 piedi). Gli interventi più utilizzati sono stati l’artroplastica secondo Valenti (60 casi) e l’artrodesi metatarso-falangea (9 casi): il totale dei piedi rivalutati risulta essere 46 (40 artroplastiche e 6 artrodesi). I pazienti in studio sono stati oggetto di una duplice valutazione, una di tipo quantitativo (seguendo la scheda di valutazione dell’AOFAS) ed una di tipo qualitativo (utilizzando quesiti di valutazione soggettiva).
Risultati. La maggior parte dei dati risulta a favore di un netto miglioramento delle condizioni cliniche generali e locali dopo l’intervento effettuato, sia esso l’artroplastica sia esso l’artrodesi. Nell’artroplastica viene espressa maggior soddisfazione da parte del paziente, in riferimento alla mantenuta motilità articolare metatarso-falangea.
Conclusioni. Dai dati emersi si evince che l’intervento secondo Valenti sia da considerarsi di prima scelta perché permette di mantenere una certa articolarità a livello metatarso-falangeo: la residua possibilità di movimento permette un miglior controllo del dolore, un miglior allineamento, una miglior adattabilità del piede nella scarpa, una minor sollecitazione delle articolazioni a valle e a monte, un minor sovraccarico su M1 e infine causa raramente metatarsalgie di trasferimento.

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