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Acta Vulnologica 2012 September;10(3):153-63
Copyright © 2012 EDIZIONI MINERVA MEDICA
lingua: Italiano, Inglese
Risultati preliminari nell’uso di sospensioni cellulari autologhe non coltivate per il trattamento delle ulcere vascolari “non-healing” degli arti inferiori
Giraldi E. 1, Ricci E. 2, Spreafico G. 1, Baccaglini U. 1
1 Centro Regionale Specializzato Multidisciplinare per la Day Surgery, Padua Hospital, Padua, Italia; 2 Casa di Cura San Luca, Turin, Italy
Obiettivo. Le ulcere vascolari non-healing degli arti inferiori, dette anche ulcere difficili, sono per la maggior parte ulcere venose bloccate nel processo riparativo per oltre 3 mesi, nonostante un corretto trattamento eziologico e locale. Per tali ulcere sono indicate le terapie avanzate fra cui gli innesti cutanei autologhi e l’uso di colture cellulari epidermiche autologhe che hanno mostrato una notevole efficacia non solo negli ustionati ma anche per i trattamenti delle ulcere cutanee croniche. L’innesto cutaneo autologo ha dimostrato ormai da molti anni di essere una terapia avanzata efficace, di facile applicazione e poco costosa. Ha però il limite di non poter essere utilizzata per ulcere molto estese o con fondo contaminato o colonizzato come lo è quello delle ulcere venose. Le colture di cellule epidermiche autologhe, pure efficaci nel trattamento delle ulcere croniche, richiedono un laboratorio specializzato e personale specializzate e quindi hanno un elevato costo.
Esiste ora una procedura innovativa che permette la preparazione, in modo autonomo ed immediato, di una sospensione di cellule autologhe (sistema ReCell, innesto autologo in sospensione cellulare) sufficiente a coprire ampie superfici ulcerate a partire da un prelievo cutaneo molto limitato (con 1 cm2 di cute si ottiene una sospensione sufficiente a coprire una superficie ulcerata di 80 cm2). Abbiamo utilizzato questa tecnica in 12 ulcere vascolari degli arti inferiori bloccate da più di 12 settimane nel processo riparativo al fine di verificarne l’efficacia nell’avviare ed accelerare la epitelizzazione.
Metodi. Sono stati trattati 7 pazienti e complessivamente 11 ulcere venose ed 1 vasculitica, persistenti da più di 12 settimane ed arresto della riduzione dell’area ulcerata e della riepitelizzazione da almeno 3 settimane. Il fondo delle ulcere era idoneo o comunque era stato reso idoneo mediante i principi della wound bed preparation, a ricevere l’innesto cutaneo autologo. La sospensione cellulare epidermica è stata preparata mediante un kit autonomo a partire dal prelievo cutaneo, immediatamente dopo l’espianto e quindi applicata sul fondo delle ulcere per gocciolamento. Sia il sito donatore che l’ulcera sono state medicate con medicazioni avanzate non aderenti ed assorbenti. Sei ulcere sono state seguite per un periodo di 4 settimane, mentre altre 6 ulcere sono state seguite per complessive 35 settimane. È stata registrato la riduzione dell’area ulcerata, la percentuale di epitelizzazione e la riduzione del volume, oltre che l’andamento del dolore ed il grado di soddisfazione del paziente e del medico.
Risultati. Nel tempo minimo di osservazione (4 settimane) sono guarite solo 2 ulcere, mentre per le restanti è stata registrata un riduzione media dell’area del 55% che è superiore al valore posto dalla letteratura come indicatore rilevante di guarigione (50%). Anche la riduzione del volume delle ulcere alla quarta settimana è stato significativo (60%). Parimenti il dolore ha risposto molto bene al trattamento, riducendosi di 1/3 dopo una settimana dal trattamento, e sia i pazienti che il medico hanno manifestato un alto grado di soddisfazione.
Conclusioni. La casistica pur limitata, ci ha permesso di verificare l’efficacia del sistema nell’avviare il processo riparativo nelle ulcere non-healing e nel ridurre il dolore. Si è dimostrato un trattamento semplice e di facile esecuzione, ben accetto dal paziente ed esente da complicazioni. L’esperienza fino ad ora acquisita ci ha permesso di ipotizzare che sia molto importante la procedura di preparazione della sospensione ai fini dell’innesco dei processi di epitelizzazione, in quanto implica la liberazione, da parte delle cellule processate, di “Allarmine”, proteine capaci di promuovere la migrazione e la divisione cellulare. Tutto questo necessita di un’ulteriore verifica mediante studi su casistiche più numerose e preferibimente con gruppi di controllo.